La mia stima e ammirazione per la giornalista Cecilia Sala non nasce in questi giorni, così complessi. Ho iniziato per caso ad ascoltare il podcast #Stories di Chora Media e da subito ho apprezzato, oltre alla competenza e alla capacità di raccontare storie complesse, soprattutto dal punto di vista geopolitico, il coraggio di raccontare quelle storie proprio nei luoghi in queste avevano luogo, in particolare nei territori di guerra, riportando sensazioni e suoni che soltanto lì potevano essere recepiti. L’ho ascoltata raccontare il suo lavoro al Salone Internazionale del Libro con la decisione che solo chi è appassionato può mettere in campo. Per questo la sua detenzione per me è una ferita aperta. Ed è per questo che faccio davvero fatica a comprendere la faciloneria e la superficialità dei commentatori da salotto. Perché in questi casi non è questione di essere di sinistra o di destra, ma di essere più o meno ottusi di fronte al concetto di prevaricazione e di giustizia. Cecilia Sala rappresenta ciò che i regimi come quello iraniano mai potrebbero accettare e rispettare. Una donna giornalista, reporter di guerra, coraggiosa e capace di raccontare un mondo che sembra così lontano da noi, di descrivere le traiettorie degli equilibri geopolitici, dei nodi che li contraddistiguono. Oggi Cecilia Sala rappresenta uno di quei nodi. Oggi chi crede nell’informazione libera, nella cultura, nella storia, ha il dovere di raccontare chi è Cecilia Sala e perché è così importante che torni presto a fare il suo lavoro.