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Dilemma artificiale

In giro c’è un gran parlare di intelligenza artificiale. Una corsa sfrenata a spiegare cos’è, come si utilizza oggi e come potrà essere applicata domani. Tra entusiamp e paura si muove un esercito di pensatori, tutti con la soluzione già in mano. Al netto di questo scenario semplicemente surreale, si muove la realtà. Negli ultimi quindici anni abbiamo visto svilupparsi tecnologie impensabili anche solo fino all’anno prima. Abbiamo visto diventare essenziale un oggetto come il cellulare, trasformatosi in poco tempo in un mini computer da passaggio. Nel frattempo è sempre migliorata la capacità di processo e di memoria di questi dispositivi, sempre più piccoli e performanti. Lo stesso è accaduto per le capacità di calcoli dei sistemi alla.base dei principali colossi tech, così da creare macchine in grado di sviluppare vere e proprie analisi che simulano il ragionamento umano, pianificando un futuro in cui questi sistemi possano effettuare scelte più o meno autonome. Qui si gioca il futuro. Le scelte più o meno autonome. Questo concetto va semplificato facendo qualche esempio. Potremmo aver necessità di un sistema che possa monitorare in remoto uno scenario, sia esso una perturbazione o un sistema produttivo, al fine di prevedere eventuali malfunzionamenti del sistema? La verità è che la risposta è sì. Potremmo averne bisogno, perché sarebbe possibile superare quelle che sono le criticità insite nell’essere umano: distrazione, errore, capacità relativa di concentrazione e di analisi. In più questi sistemi sarebbero in grado di “vedere e processare” una quantità enorme di dati in tempo reale e di effettuare in tal modo scelte probabilmente più ragionate di quelle effettuate dall’uomo in un momento di emergenza, potendo basarsi su immensi data base di dati pregressi e di esperienze di anni di eventi. Sembra tutto perfetto, fino all’errore della macchina stessa. Il sistema deve esserr formato e a farlo è l’umano stesso, spinto dalle sue paure e dalla sua mania di controllo, più o meno giustificata. E qui nasce il quesito: quanti gradi di libertà è opportuno assegnare a questi sistemi perché non si sviluppino a tal punto da non aver più bisogno di noi e che sviluppino capacità proprie di valutazione? Lasciare loro il ruolo di strumento o spingerli a un pensiero più “puro” del nostro? Ma questo è un finto dilemma, appunto, artificiale. Perché rientra in una sfera più grande, della ricerca eterna di qualcosa di “più grande”, concetto che ben poco ha a che fare con la scienza. A oggi è importante conoscere il funzionamento di questi strumenti, capire come usarle per migliorare le nostre attività, senza limitarne a prescindere l’utilizzo per paura di esserne travolti. Il resto è solo una paura, più o meno ingiustificata.

Immagine generata da Gemini.