Ancora sangue italiano in Afghanistan, ancora un militare ucciso dalla follia di una guerra senza quartiere. Questa volta è accaduto a Bakwa, nella parte meridionale del settore ovest. Ancora non si sono placate le polemiche in Italia, mosse dalla Lega Nord, per interrompere le missioni che avviene l’ennesima tragedia che in quei luoghi è soltanto, e purtroppo, l’ordine del giorno. Che si tratti di una guerra vinta o persa è un fiume di sangue, un intento leggiadro e che vanifica le attese di una pace che qualche dio un giorno riconoscerà, tuttavia oggi siamo ancora in guerra. Lo siamo e forse lo saremo sempre, schiavi della disinformazione, della paura del diverso, della non comprensione di quello che davvero vogliamo. Le notti trascorrono al suono dei mortai che noi non sentiamo mai davvero, come se la guerra fosse un giocattolo. Qualcosa che si può spegnere quando vogliamo, quella melodia che possiamo bloccare per andare a dormire tranquilli. Non è così. Il sangue continua a sgorgare mentre prendiamo un caffè, mentre parliamo per strada e quando ci illudiamo di essere capaci di esportare la pace, dietro gli schermi della nostra ipocrisia, dentro le nostre banche in perenne crisi etica, nelle parole di politici venduti che vogliono regalarci un mondo migliore. La guerra per i soldi non finirà mai, non basteranno barricate, bandiere e illusioni. Forse quando ci saremo resi conti che non siamo così belli come ci dipingiamo, allora ci renderemo conto che è il caso di fare un passo indietro e che non è detto che chi non ci somiglia sia poi così cattivo. Se fossimo noi quelli di cui avere paura?
pubblicato su causaedeffetto.it